"UNA SENTITA, SPONTANEA ISTANZA SOCIALE"
a cura di Lucio Fontana

Conosco Meneghetti e le sue opere, ho visto e ammirato i suoi affreschi tanto apprezzati da quel Carlo Munari che, ottimo critico d’arte moderna, è pure instancabile ricercatore ed estimatore delle opere dei più giovani e validi esponenti dell’arte contemporanea. Conoscevo, ripeto, queste opere, in cui una tecnica vecchia di secoli sembrava quasi rinascere sotto una mano che, a contatto con temi e concezioni nuove, si dimostrava sensibile ai problemi e alle istanze del mondo contemporaneo.
Ho apprezzato il coraggio con cui l’autore affrontava e frantumava, senza reticenze o riserve di sorta, tabù e ipocrisie tanto cari alla nostra società. Appunto per questo ho accettato di esaminare le ultime opere. Non me ne sono pentito. In queste tele c’è ancora quell’istintivo, meraviglioso senso del colore, ma c’è anche qualcosa di più. È evidente che il Meneghetti ha studiato a fondo le esperienze dei maggiori esponenti dell’arte contemporanea e, soprattutto, che le ha assimilate, integrate, forse superate, nella sua instancabile ricerca di una strada che, pesando sulle sperimentazioni dei grandi che l’hanno preceduto, fosse tuttavia da esse indipendente e manifestasse appieno la sua completa indipendenza e si prestasse contemporaneamente ad esprimere la sua personalissima concezione dell’arte e della vita. Ed è proprio su questa chiara rappresentazione della vita e della società in cui viviamo che intendo soffermarmi, perché validi, al di là delle forme, sono nelle opere i contenuti.
È presente in ogni quadro una sentita, spontanea istanza sociale. Egli sente che in questo nostro tempo tecnocratico e agnostico, in cui sempre più spesso si parla di libertà, l’uomo viene invece travolto dalle macchine che egli stesso ha creato e i nuovi persuasori occulti limitano le nostre facoltà di scelta in ogni momento della vita, oggi più che mai. È per questo che egli rappresenta l’individuo o, meglio, la coscienza individuale, continuamente assorbita dalla massa e dalle macchine in opere in cui reale e irreale, conscio e subconscio hanno frantumato ogni barriera e coesistono in un’atmosfera di rarefatta e personalissima vitalità.
E in tutte le opere sono presenti macchine, tubi mostruosi e uniformi, vivi di una propria vita meccanica, che si attorcigliano e assorbono, nel vuoto nero delle loro bocche, gli individui che, massificati, si confondono in amorfi ammassi di stracci oppure sfiorati da un debole soffio di vita vegetativa. Di più non voglio dire, ma sono certo che gli amici di Spotorno e Albisola, di Savona e della Liguria tutta, come già quelli della Lombardia e Toscana, accoglieranno con favore le opere di questo giovane pittore, che è ormai incamminato verso una carriera positiva e ricca di soddisfazioni.

Lucio Fontana

(in catalogo della mostra itinerante, Savona, Albisola, Spotorno, Novi Ligure, 1968)