MASCHERA FAGOCITANTE? - MASCHERA FAGOCITATA?
a cura di Roberto Guiducci

Se dovessimo parlare di questo fotolibro di R. Meneghetti, prescindendo dai testi che vi sono riportati, e cioè dalle parole, diremmo che ci troviamo di fronte a un testo di immagini che tracciano, per noi, un discorso visivo. Nel silenzio della voce, dovremmo dunque cercare quale voce, parli ai nostri occhi; di quale voce, che si pretende originaria qui si tratti. Perché è questo, in ultima analisi, che ci interessa.
Non c’è dubbio che queste immagini emettano un grido. Che poi l’Autore voglia dare a questo grido una forma, tramite l’intenzionalità e la direzionalità della parola discorsiva, è un fatto secondario. Anzi, si potrebbe dire che in questi oggetti che noi abbiamo qui davanti, come si dice, multimediali, si abbia la più incredibile esemplificazione della distanza che separa l’immagine dalla parola, il gesto dalla voce.
Dai testi, dalla loro scelta, e dal nesso che intercorre tra i capitoli, e lega la parola al ‘messaggio’ delle immagini, traspare con chiarezza (forse troppa chiarezza!; ma questo lo vedremo dopo) l’ideologia sulla quale l’Autore ha voluto improntare la propria semantica: la sua ‘volontà’ manifesta e cosciente.
Sottinteso al suo discorso ‘dialettico’, sta ancora una volta, come sempre, la dannata e, per noi, non consumata, vocazione al fondamento. Fondamento del Soggetto, fondamento della Natura. Fondamento di una Verità-alètheia, perduta, e perciò ostinatamente cercata tra la spazzatura di un mondo de-generato (nel senso etimologico del termine): che è caduto dall’alto della generazione: de-ietto e ab-ietto. Ostinatamente corroso da un Agente diabolico e apparente: il Denaro, il Sesso, il Potere.
Con una parola sola, potremmo indicare questa forza degradante, che viene qui rappresentata sul Volto, rispolverando un termine un po’ fuori moda, un po’ consumato; o forse, più precisamente decontestualizzato dalla sua vecchia collocazione ‘di sinistra’. Si tratta dell’alienazione.
Renato Meneghetti, sentendosi da un lato alienato e oppresso nella società e, in qualche misura ‘traditore’ dell’altro, rispetto alla sua vocazione primaria di artista, perché costretto a lavorare nei mass-media commerciali, si era definito come ‘fagocitato’.
Forse ha compiuto una sua vendetta o una sua liberazione fagocitando altri, rendendoli così ‘fagocitati’, e lui ‘fagocitatore’.
Ma è più probabile che Meneghetti, che ama occultare, dietro l’‘apparenza’ dei suoi quadri e delle sue rappresentazioni, la ‘sostanza’ che il fruitore deve scoprire liberamente rendendo, così, l’opera in qualche misura collettiva, abbia trovato in certi miei scritti qualche parola che stava nascosta dietro i suoi lavori. E con una operazione rovesciata e capovolta, ha collocato una sinopia di parole dietro i suoi quadri.
Meneghetti, adoperando ‘passi’ molto logici e razionali spesso aspri e duri dei miei scritti, ha evitato, nella società dello spettacolo, che uno spettacolo di figure e colori fosse accompagnato da un secondo spettacolo di parole.
Con gli accostamenti operati da Meneghetti nascono effetti di ‘convergenze parallele’ e ‘divergenze parallele’, secondo la terminologia di Meneghetti stesso.
Possa il lettore delle sue immagini e delle mie parole cavare del sangue (perché di questo ce n’è in queste rappresentazioni spietate di un mondo feroce, ripugnante e ciecamente contraddittorio), con comprensione per l’innocente pittore ‘carnefice’ e per il saggista fatto a ‘brani’.

Roberto Guiducci
1982