DI TEMPO E SPAZIO
a cura di Ivan Jancár

Le opere di Renato Meneghetti sono condizionate non solo dalla consapevolezza codificata della cultura e della storia del popolo italiano, ma anche dalla loro impareggiabile atmosfera e dal genius loci di Bassano del Grappa, dove l’artista ha lavorato sin dalla giovinezza. Nella sua attività, la presenza di elementi analitici e sintetizzanti è certamente data non solo dal luogo, ma anche dalla sua sistematica considerazione di problematiche a lungo esplorate, che dall’inizio degli anni ’80 si basa su radiografie e che è di per sé un presupposto necessario all’analisi del carattere delle sue opere. Tornerò a tale analisi in seguito, ma per iniziare vorrei esaminare la sintesi insita nelle sue opere vista dalla prospettiva del fenomeno del tempo.
Meneghetti non è affascinato solo dal passato e dal presente ma anche dal futuro. In questa connessione, potremmo menzionare il suo interesse per la conservazione dei beni architettonici che, di conseguenza, sono salvaguardati per le generazioni a venire. Il tema della manifestazione dell’interiorità, ottenuta in questo caso creando radiografie con immagini di scheletri più o meno identificabili, evoca il passato in modo alquanto naturale. Egli non si concentra sulla raffigurazione di eventi storici reali, bensì sulla dimostrazione di valori spirituali durevoli. L’artista trasforma le radiografie di persone sconosciute, conosciute o anche a lui prossime in nuove relazioni espressive e dense di significato. Percepisco che non si tratta solo del problema di penetrare sotto la pelle del ritratto in senso letterale, ma riguarda anche l’instaurazione di una relazione più profonda. Le radiografie, in genere eseguite a causa di incidenti o malattie, sono prevalentemente immagini di sofferenza umana. Sono immagini del proprio destino futuro: sebbene possano comportare speranza, trasmettono anche un messaggio sull’inevitabile approccio alla fine della vita umana; e non riguardano mai il collettivo: una radiografia è effettuata sempre per una persona sola e rappresenta il fato di un individuo particolare nascosto dietro ognuna di esse. Il punto di partenza delle stesse opere dell’artista contiene dunque una storia che riguarda almeno una parte della vita degli uomini. Se non parlassimo di temi o di idee ma di fonti materiali fisiche e concrete, sarebbe difficile trovare nella storia delle arti visive un esempio adeguato di concetto duraturo, valido per un programma creativo nel quale il materiale per la creazione stessa abbia portato un peso così opprimente. Probabilmente, le figure costruite dalle ossa di deceduti nel noto Kostnice potrebbero costituire un parallelo; tuttavia, mentre queste rappresentavano un’anonimia di scheletri privata di personalità, Meneghetti lavora principalmente con radiografie di individui specifici. Non c’è quindi alcun rischio di ripetizione nelle sue opere. Egli deve accostarsi a ogni opera come a un tema nuovo, deve affrontarne un approccio innovativo e considerarne gli aspetti psicologici. L’artista è un osservatore sensibile di destini individuali. Molte delle sue opere sono basate su fatti concreti e sono spesso ispirate dallo spaventoso destino di alcuni individui. Altre opere sono basate su eventi accaduti in un certo periodo, in particolare su quegli avvenimenti che interferiscono negativamente con le vite umane – guerre, le dispute su mammona, manifestazioni estreme di opinioni o di questioni sollevate dal tema della clonazione per la produzione di individui identici. Spesso, quando l’artista sente la necessità di completare la trasposizione di un’emozione o di un’idea, crea una serie di opere. Installandole nello spazio, egli comprime il destino umano sullo sfondo dei grandi retaggi spirituali. Non sorprende quindi che la croce, simbolo di sofferenza, perdono e amore, divenga uno dei motivi predominanti dei suoi lavori. Sono altrettanto frequenti opere che evocano il risultato finale della produzione di personalità di spicco della storia del mondo delle arti visive (Francisco Goya e molti altri) o che confrontano direttamente le proprie produzioni, come nel caso del più illustre artista del primo stile gotico, Giotto, con le cui opere l’artista ha realizzato un’esposizione a Padova. Sfortunatamente non ho avuto occasione di visitare questa esposizione, ma sembrava maestosa anche solo dalle fotografie. Come ho già menzionato, alcune delle sue opere sono eseguite in serie e disposte come installazioni. Tale presentazione, tuttavia, non comporta soltanto un’enfasi sull’effetto emotivo delle sue opere, ma rappresenta nel contempo una sfida per lo spettatore a passare attraverso l’installazione e, in alcuni punti, anche a toccare le singole opere per sperimentarne il messaggio in modo più intimo. Per Meneghetti è quindi importante indugiare sul tempo e attuare una continuità storica, tenendo a mente nel frattempo il destino di individui umani. Va aggiunto che le sue radiografie non si limitano a rappresentare corpi umani ma anche corpi animali o strutture di oggetti inanimati, come il legno; anche se riguardo la questione di animato e inanimato c’è da discutere. In queste opere egli fa uso di complicate tecnologie visive: dipinge con alcol, che evapora con gradualità (si possono identificare i temi della metamorfosi o della fine della materia anche in questo) e applica progressivamente diversi strati di pittura sulla superficie al fine di creare un’illusione più accentuata dello spazio e di smaterializzare il corporeo.
Qual è dunque la dimensione di chiaro pensiero pragmatico o anche di approccio scientifico in questo artista? Quale parte di essa e spontanea o, potremmo dire, irrazionale? Inoltre, qual è la proporzione di elementi casuali nelle sue opere?
In modo piuttosto paradossale per il suo caso, il delineamento di certe nozioni fondamentali non limita il suo programma, ma gli fornisce costantemente nuove scelte. Anche per l’artista stesso, il materiale adoperato contiene momenti di sorpresa o di ispirazione, dove egli è capace di impiegare anche le allusioni più vaghe per elevare momenti insignificanti a idee dominanti; tuttavia egli è qui più cauto e le combina prevalentemente creando nuovi simboli e nuovi segni.
Renato Meneghetti è un tipo di artista da Rinascimento (sebbene non si possa sapere se in quel periodo sarebbe stato dichiarato blasfemo) con un programma multimediale progettato ad ampia portata, che include rappresentazioni, musica e anche architettura. Nel contesto di questo ampio programma, egli è allo stesso tempo un artista libero che non si lascia influenzare da ragguardevoli opinioni artistiche o da dichiarazioni radicali sulla morte dell’arte, come successe in Italia nel periodo in cui diventò noto in campo artistico. In ugual modo, nel contesto dell’arte italiana, egli non fu più fortemente influenzato dall’Arte Povera dalla fine degli anni ’60, né dal trans-avant-garde negli anni ’80, evidenziando il sincretismo e il nomadismo, consentendo agli artisti di muoversi in libertà fra aree differenti di stili storici e contemporanei. Potremmo dire che la sua produzione oscilla tra due tendenze basilari contrastanti, ovvero, tra una posizione espressiva e una meditativa. Molte delle sue opere hanno carattere come di brevi invasioni del temperamento a una contemplazione concentrata.
In un programma così intenso, la questione fondamentale su vita e morte si erge al centro dell’attenzione. In modo alquanto logico, i motivi del feto umano hanno fatto la loro comparsa nelle sue opere, che ovviamente non sono basate su radioscopie, bensì su ecografie: sono immagini future che ritraggono la vita, laddove le sue radiografie raffigurano la condizione di uomo in un certo momento. È una questione di transitorietà. Polvere sei e polvere ritornerai.
In diverse analisi, Meneghetti si impegna a raggiungere i punti in cui le differenze tra materia e spirito spariscono istintivamente a un loro livello simbolico. Questa esplorazione e questa ricerca dell’artista non sono confinate solo alle sue Radiografie dei primi anni ’80, ma sono sempre presenti nella sua attività. In molte delle sue opere, figure particolari, facce con prominenti caratteristiche fisionomiche appaiono con parvenze quasi sante e trasparenti.
Riassumendo, sono le questioni di spazio e tempo le problematiche dominanti del suo lavoro. Le altre questioni a tale riguardo si sviluppano da questi due fenomeni fondamentali. Vorrei menzionare infine una serie particolare (Studio per Rx mandibola destra, ritratto di Ulisse nell´Egeo) dove in sei immagini, almeno in principio, contorni di volti a stento identificabili si dissolvono lentamente in una forma quasi astratta, cambiando così nello spazio e nel tempo.

Ivan Jancár
2002