"L'ANATOMIA DELLA MORTE "
a cura di Raphael Vella

Per secoli nell’arte il teschio ha simboleggiato l’unione tra moralità e mortalità. In molti modi la mortalità segna la nascita della morale umana.
La conoscenza della nostra morte è ciò che ci rende umani mentre la consapevolezza dell’inevitabilità della morte ci spinge a considerare le conseguenze morali e i significati delle nostre azioni, dei nostri pensieri, della vita stessa. Nell’arte il teschio e a volte l’intero scheletro hanno spesso rivestito il ruolo di una chiara e crudele memoria di questo legame tra le vanità e la fine della vita o tra la morte e le conseguenze del male. Questo è ciò che intendiamo quando definiamo un dipinto memento mori, richiamo della morte. È anche vero che a livello individuale alcune opere d’arte non combinano moralità e mortalità in questo modo, mentre in senso più ampio, a livello sociale, alcune società hanno teso a enfatizzare una rispetto all’altro. Per esempio i moralizzatori religiosi sembrano più adeguati alle società medioevali che a quelle moderne. La gente sembrava accettare di più la moralizzazione, un tempo. Uno dei grandi storici dell’arte del ventesimo secolo, Erwin Panofsky, ha osservato nella seconda versione di Et in Arcadia Ego di Nicolas Poussin, ora esposto al Louvre,“una frattura radicale con la tradizione moralizzante medioevale”. Il teschio non appare più, mentre le quattro figure sembrano discutere serenamente dell’iscrizione latina incisa sulla semplice pietra tombale. Panofsky l’interpreta come una transizione da “moralismo appena velato” a un atteggiamento“contemplativo totalmente assorto nell’idea di mortalità”. Nella lettura di Panofsky del dipinto di Poussin l’incontro moralistico e abituale con la morte implacabile e la vita dell’aldilà è trasformata in una discussione intellettuale sulla morte di qualcuno avvenuta in un lontano passato. La pittura di Poussin sta tra la sua interpretazione di mortalità più che di moralità e le sue altre possibili interpretazioni della morte di un individuo, più che della natura transitoria della vita umana. Il suo significato finale è indefinibile: Panofsky lo chiama la tipica “fusione romantica” delle interpretazioni. Altrettanto indefinibili sono i teschi, le ossa egli scheletri animali della collezione dei dipinti Rx dell’artista italiano Renato Meneghetti esposti attualmente al Museo Nazionale di Arti Moderne de La Valletta . Nato nel Veneto nel 1947 Meneghetti siè espresso in varie forme artistiche compreso il cinema, la musica e le arti visive. Negli ultimi vent’anni la sua produzione nelle arti visive si è concentrata sull’uso dei raggi X trasferendo le radiografie, fotograficamente, su tela e colorandole con tinte a base d’alcool. La collezione al Museo Nazionale di Arti Moderne è una selezione rappresentativa di alcune direzioni che la sua ricerca sull’uso dell’immagine a raggi X ha seguito tra il 1981 e oggi.
Naturalmente Renato Meneghetti non è l’unico artista che ha usato la radiografia del corpo umano nelle sue opere. Anche a Malta l’artista locale Vince Briffa ha prodotto di recente una piccola serie di opere monocromatiche “multimediali” su carta, con frammenti dello scheletro umano riprodotti da documentazioni ospedaliere, ma rende le opere di Meneghetti“indefinibili” per la sua introduzione di passaggi luminosi di colore in certe zone della tela. È una tecnica molto Warholiana che combina il lavoro manuale con la riproduzione meccanica, il colore piatto con gli effetti tridimensionali della stampa fotografica in bianco e nero. La giustapposizione del tragico destino umano, rappresentato dai frammenti umani dell’opera di Meneghetti e il colore luminoso, quasi festoso, è presente anche in alcune delle immagini pop più conosciute di Andy Warhol, basti pensare a Red Race Riot del 1963.
In Meneghetti non vi è alcuna moralizzazione medioevale, nessuna relazione evidente tra la consapevolezza della temporaneità della vita umana e la necessità di vivere “bene”. Spesso si dice che la sua opera rappresenti “il silenzio” ed è vero, i dipinti Rx di Meneghetti rimangono silenziosi, non dicono come l’artista si aspetta che leggiamo le sue immagini (semmai si aspetta una cosa simile da noi).
A volte la sua opera evoca un atteggiamento meditativo: una serie di quattro opere correlate, al museo de La Valletta, mostra una mezza luna su uno sfondo di un blu profondo che, per fasi, si trasforma in luna piena a forma di teschio. Altre volte l’atteggiamento è meno facile da capire. Il dipinto a raggi X della mano di Meneghetti che tiene un pennello, completa di metacarpo e falangi è un riferimento alla morte dell’artista? E come si inserisce la fresca, distaccata e a volte brillante colorazione in questa rappresentazione letterale dello stato patologico? Come dobbiamo leggere l’arco dentale ingrandito contrapposto ad un fetta di kiwi sovradimensionata? Il corpo umano è un segno grafico come altri?

Raphael Vella
1997, 1999