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SULL'ORLO DEL TERZO MILLENNIO.
PITTURA E ALTRE ARTI 1954/2000
2000 - PALAZZO DELL RAGIONE. PADOVA
a cura di Gillo Dorfler e Vittorio Sgarbi

"[...] ...avete sentito di questa grande impresa, di cui naturalmente il protagonista è Giotto e noi siamo i suoi sacerdoti, Martinoni con l’idea di rimontare come avete visto la cappella della Reggia dei Carraresi mettendo le tavole del Guarriento, altro grande pittore, nella posizione in cui dovevano essere in origine e poi Meneghetti come fronte di un nuovo linguaggio con strumenti nuovi, certo è difficile affiancare a Giotto ma che è tra l’altro esposto per un’altra congiuntura di eventi che non hanno consentito di dotare questa grande città di un museo d’arte contemporanea in quel Palazzo della Ragione che Giotto aveva affrescato per cui ci sono delle strane sintonie, dei richiami.

Il problema che l’arte contemporanea pone e impone attraverso il potere del mercato è di produrre qualche cosa che possa essere riconosciuta con un linguaggio che non solo è un linguaggio internazionale, ma è anche riconoscibile e che porti a riconoscere che quello è il linguaggio di quell’artista. Perché c’è una specie di mafia dell’arte che stabilisce chi va bene e chi no. Questa operazione è stata condotta nel corso del 900, epurando intere quantità di artisti, cancellandoli, lasciandoli ai margini, molti nel Veneto.

Una gara senza fine e una gara soprattutto perché si arrivi a dire quello è un Meneghetti, e quello è un Meneghetti credo sia arrivato, pur nella sua insaziabile volontà di non fermarsi in una forma, attraverso la scelta della sua produzione più recente che è quella della radiografia e cioè di veder dentro

Io credo che Meneghetti rimarrà nella memoria di quanti vedono questa mostra vedendo un percorso quasi di mezzo secolo e vedo che esso perviene a questa identificazione nella quale io credo; penso che egli vorrà continuare la sua ricerca ma non ne sono del tutto convinto perché credo che in lui ci sia l’inquietudine e la volontà di non fermarsi, di considerare la sua produzione non come quella di un lago in cui tutto ormai si è posato e definito, ma di un fiume, una visione fluviale della produzione artistica, come dire be io preferisco l’impurità che non definire uno spazio chiuso nel quale io mi muovo, che pure mi consentirebbe come a Fontana ha consentito di essere immediatamente riconoscibile.
Quindi questa mostra, più di quanto io non pensassi dalle immagini viste e dalla riproduzione è il segnale di una ricerca inesausta, di un tentativo di andare sempre più in là, sempre oltre, ma non soltanto con la radiografia ma anche con il pensiero che vuole cogliere un punto più lontano. Ho scoperto che tra i quadri più belli di questa mostra ce ne uno che è mio che non sapevo fosse mio, di cui ho un bozzetto a casa e che certo ha anche l’impronta di una radiografia ma insieme è anche una bella forma che si muove con un’armonia di sintesi in cui come, ecco delle cose, c’è soltanto in bianco e nero non ce l’abbiamo a colori, eccolo qua, lo vedete è quello rosa che ha questa idea di un alone, che non è più però radiografia, è una forma che si ricostruisce a partire dalla radiografia be, sono dei risultati, sono degli effetti compiuti in una ricerca che non è ancora perfettamente fossilizzata, non si è chiusa in una sigla definitiva, questo credo che sia positivo per un lato e negativo per lui nel senso che non esiste un Meneghetti immediatamente riconoscibile esiste un clima Meneghetti, un gusto Meneghetti che è quello che vedete.
In queste pitture che discendono da radiografie, questo addirittura di un impiccato, appeso, questa di un braccio, questa di un tronco, vedete che ne scaturisce una forma che non evoca più il tronco come la mia spina dorsale non evoca più la mia faccia o non evoca me, è una struttura segreta per l’appunto, ecco io credo che dati questi elementi senza arrivare ad un giudizio, io non potrò dirvi quanto è grande, ma che sia una ricerca autentica per trovare una strada tra le tante strade possibili di tutti i media che sono stati in questo secolo utilizzati …..

Fontana di fronte ad una tela interviene con un taglio netto con un gesto che rianima la tela e l’annulla come spazio perché presuppone uno spazio altro, Meneghetti non per caso in questa idea di essere dalla parte della modernità così come il gesto iniziatico di Fontana, ne è stato allievo, e quindi quello che Fontana ha fatto con il taglio egli continua a farlo vedendo quello che sta oltre alla realtà attraverso uno strumento, come quello della radiografia, cioè di una lettura, di qualche cosa che ci appartiene, ma che non è immediatamente visibile, e allora vedere dentro vedere oltre. [...]"

Vittorio Sgarbi